Storia e cultura
L’Umbria intesa nei suoi attuali confini amministrativi e una creazione otto-novecentesca. Il suo aspetto nel corso dei secoli fu infatti ben diverso, di volta in volta riunendo insieme luoghi con storie e culture assai differenti e disomogenee tra di loro. È proprio grazie a questa complessità che il patrimonio storico-artistico della regione è così straordinariamente variegato e, allo stesso tempo, privo di battute d’arresto dall’antichità etrusco-romana fino all’epoca moderna.
L’Umbria preromana
Sin dalla sua prima comparsa nella storia, l’Umbria si presenta "divisa"in due ambiti territoriali e culturali che rappresentano il dato storico più antico di una "dualità" che, nei secoli, caratterizzerà la formazione dello spazio e della civiltà regionali. A occidente del Tevere si estendevano infatti le terre degli Etruschi, aperte ai rapporti culturali e commerciali con l’area mediterranea; le terre a oriente del fiume, più isolate, furono invece luogo d’insediamento di popolazioni italiche, e in particolare degli Umbri.
La ricchezza e la raffinata struttura della civiltà etrusca, che in Orvieto e Perugia ebbe i capisaldi di un dominio territoriale assai ampio, è ancora oggi apprezzabile nelle numerose testimonianze in situ: dalle necropoli etrusche del territorio orvietano ai numerosi ipogei dell’area di Perugia. In questa città si conservano anche tratti della poderosa cinta muraria e delle porte che su di essa si aprivano – il cosiddetto arco di Augusto e la porta Marzia – nonché l’altrettanto suggestivo pozzo Sorbello. La conoscenza di questa civiltà non può dirsi esaurita senza una visita al Museo Archeologico Nazionale di Perugia e ai musei di Orvieto (Civico e "Claudio Faina") che conservano straordinari reperti riferibili all’area di influenza delle due città.
Le città dei morti: le necropoli orvietane e gli ipogei perugini.
La valle che circonda la rupe tufacea su cui sorge Orvieto è costellata da notevolissimi siti archeologici, fondamentali per la conoscenza della civiltà etrusca. Tra i più cospicui è la necropoli del Crocifisso del Tufo, databile intorno alla metà del VI secolo a.C., con sviluppi sino al III, costituita da più serie di tombe a camera allineate lungo vie sepolcrali e recanti sull’architrave della porta il nome del defunto. Il rigore geometrico della sua disposizione – una specie di "evocazione" della struttura urbana – costituisce uno straordinario esempio di "piano regolatore" di epoca arcaica. Nonostante molti degli arredi siano dispersi tra il Louvre, il British Museum e altre collezioni straniere, parte dei suoi pregevoli corredi funerari è tuttora conservata nel locale Museo Faina.
Altrettanto suggestive sono le numerose necropoli del territorio perugino, purtroppo non tutte visitabili. In quella del Palazzone, a pochi chilometri dalla città, è il noto ipogeo dei Volumni, tomba etrusca appartenuta alla famiglia dei Velimna. Nella struttura sotterranea, che ricalca quella di una casa gentilizia di epoca ellenistica, si conservano, tra l’altro, numerose urne cinerarie tra le quali, pregevolissima, quella del capofamiglia Arunte Volumnio.
La conquista romana
I Romani irrompono sulla scena dopo la vittoria di Sentino del 295 a.C. sulle popolazioni etrusca e umbra. La civiltà di Roma, con le sue città, le sue ampie opere di bonifica e di centuriazione del territorio e i suoi tracciati viari segna profondamente il paesaggio della regione e dà inizio a una fase costruttiva e culturale ancora più avanzata.
L’Umbria viene ora attraversata da una delle più note vie consolari, la Flaminia, lungo la quale sorgono numerose stationes destinate nel tempo a diventare importanti centri urbani ( ad esempio Carsulae), e il buon livello economico e culturale raggiunto dal territorio si riflette nell’affermazione di centri urbani fiorenti e densamente popolati.
Oltre a Perugia e Orvieto, Spoleto, Todi, Bevagna, Spello, Assisi, Gubbio, Terni, Ocriculum e Narni sono tra i luoghi più noti e significativi per la qualità delle testimonianze che si sono conservate e per l’interesse e la quantità dei beni portati alla luce. Alle determinanti trasformazioni agrarie dell’età romana fanno riscontro, nei centri umbri, gli interventi altrettanto radicali di riorganizzazione urbanistica.
Tra i massimi emblemi della civiltà dei Romani furono le cerchie murarie, spesso costruite adattandosi a quelle precedenti. È il caso di Spoleto, la cui cinta urbica in opera poligonale eretta dagli Umbri venne potenziata e restaurata numerose volte dopo l’elezione del centro a colonia romana nel 241 a.C.. Tra gli esempi meglio conservati in Italia sono tuttavia le mura di Spello, una poderosa cerchia di epoca augustea su cui si innalzano torri e porte che hanno del tutto conservato il loro aspetto originario.
Dalla frantumazione tardo-antica alla rinascita preromanica
La partizione della regione si accentua vistosamente con la caduta dell’impero romano e con le conseguenti invasioni barbariche prima e le successive lotte tra Goti e Bizantini e tra questi ultimi e i Longobardi poi. Ed è ancora una volta il Tevere a distinguere i nuovi assetti politici: i Bizantini alla destra del fiume e i Longobardi alla sua sinistra, rispettivamente a capo di aree ben distinte anche nel campo della cultura e dell’arte e di cui l’espressione più nota sono Perugia bizantina e Spoleto, capitale del Ducato longobardo. Purtroppo poco si è conservato di questa fase, sia in campo pittorico sia in quello delle arti minori, anche se la presenza di rari ma pregevolissimi edifici religiosi, nonché di insediamenti eremitici, testimonia di una diffusione unificante della nuova religione cristiana e, indirettamente, anche del suo nascente ruolo politico. A partire dall’VIII-IX secolo, e in forme molto intense e capillari nei secoli successivi, la riorganizzazione ecclesiastica diffonde nei centri urbani e nelle campagne chiese e pievi che divengono i fulcri di nuovi assetti territoriali, assieme alle grandi cattedrali urbane come documentano i casi di Narni, Spoleto e Assisi.
Dal cenobio all’abbazia: la Valnerina
Emblematico per la consistenza e la portata culturale del fenomeno è il caso della montagna spoletina. Secondo la tradizione 300 monaci siriani emigrati da Antiochia in seguito alle persecuzioni presero possesso delle sicure montagne a ridosso di Spoleto (Monteluco), nella Valnerina e in val Castoriana. Tra questi, i monaci Spes, Eutizio e Fiorenzo, fondatori di quel sistema di eremi della val Castoriana destinati a divenire culla della formazione spirituale di san Benedetto. Secoli dopo sarà proprio la regola benedettina a qualificare questi luoghi come sede del monachesimo occidentale e a trasformarli in abbazie, veri capisaldi politici e culturali di un amplissimo territorio. Dai cenobi della val Castoriana prenderà dunque forma la potente abbazia di Sant’Eutizio, più volte ampliata e abbellita nel corso dei secoli, che fu anche sede di un famoso scriptorium e centro di studi medico-chirurgici. Più a sud sorse l’abbazia di San Pietro in Valle, fondata nel 720 dal duca Faroaldo e decorata da un ciclo di affreschi che per numero di scene e complessità di impianto è senza dubbio tra i maggiori monumenti della pittura romanica in Italia.
I luoghi dell’arte tra Medioevo e Rinascimento
Se la diffusione del Cristianesimo dai centri urbani alle campagne promosse uno sviluppo dell’edilizia religiosa assolutamente straordinario sia per consistenza quantitativa che per capillarità di diffusione, ancor più evidente è, a cavallo tra XII e XIII secolo, l’affermarsi della civiltà romanica, che ad Assisi, Narni, Todi e Spoleto annovera i centri più vitali.
Con il consolidarsi dei nascenti poteri comunali e con il ruolo sempre più evidente degli Ordini mendicanti, la cultura romanico-gotica trova modo di irrompere sulla scena urbana: palazzi pubblici e chiese conventuali caratterizzano le città umbre in misura assolutamente riconoscibile e riflettono visibilmente i nuovi equilibri politici e sociali delle città. A partire dalla metà del Trecento, la restaurazione del dominio pontificio ebbe la sua più concreta manifestazione nell’edificazione di un complesso sistema di fortificazioni che con la loro imponente mole caratterizzano ancora centri come Spoleto, Narni, Assisi.
E se l’aspro conflitto tra potere pontificio e singole realtà comunali si tradusse da un lato in guerre e sottomissioni, dall’altro offrì spazio al sorgere del potere signorile delle famiglie Baglioni, Fortebracci, Trinci, Malatesta e Vitelli, spesso responsabili di episodi di grande munificenza e di sollecita adesione all’imperante gusto delle corti italiane.
Il romanico nell’area spoletina
La fioritura del romanico trova maggiore densità di testimonianze proprio nell’area di Spoleto, città a capo di una vastissima diocesi la cui crescente importanza dette un forte impulso ad attività di costruzione e decorazione. Tra i numerosi esempi, la pregevole decorazione scultorea della facciata di San Pietro, i cicli parietali di Sant’Isacco e San Paolo inter Vineas, nonché quelli dell’abbazia di San Pietro in Valle. Dovrà così spiegarsi anche la presenza a Spoleto, già dalla fine del XII secolo, di fiorenti botteghe di croci e dossali dipinti, il cui più antico e raro esemplare è la croce datata 1187 di Alberto Sotio nella cattedrale cittadina: una cultura pittorica che si inoltra per tutto il secolo successivo e che riesce a irradiarsi ben oltre gli attuali confini regionali.
I luoghi di Francesco
A due anni dalla morte di Francesco d’Assisi, avvenuta il 3 ottobre 1226, venne posta la prima pietra della nuova basilica a lui intitolata. Il cantiere, destinato a protrarsi ben oltre il XIII secolo, vide all’opera alcuni tra i più grandi pittori del tempo, da Cimabue a Giotto, da Pietro Lorenzetti a Simone Martini. E fu soprattutto grazie a Giotto, insuperato interprete della vicenda umana del santo, che la nuova umanità del messaggio francescano trovò la sua più eloquente resa in immagini, unitamente all’invenzione di un distinto linguaggio pittorico ispirato alla realtà visibile. Non c’è luogo in Umbria in cui la vicenda di Francesco e del suo movimento non abbia lasciato testimonianze: da quelle figurative, di cui abbondano molte chiese della regione, ai luoghi dove si consumò la stessa esistenza del santo. Oltre ai numerosi eremi, luogo di preghiera, da quello delle Carceri ad Assisi al Sacro Speco a Narni, tutta la regione è segnata dalla presenza di insediamenti francescani, non di rado fondati dagli stessi primi discepoli di Francesco.
Le architetture della città tra sacro e profano
L’innesto sulle forme romaniche del nuovo linguaggio gotico trova in Umbria due eccezionali modelli: nella stessa basilica assisiate, paradigma architettonico per l’edificazione di analoghi edifici nella regione, e, all’esordio del Trecento, nel duomo di Orvieto con la mirabile facciata di Lorenzo Maitani, ispirata a modelli senesi. Ma è nella piazza medievale che l’Umbria comunale ridisegna gli spazi della vita civile con una sapienza urbanistica inusuale per potenza espressiva e capacità progettuale. La fisionomia della piazza medievale è caratterizzata dalla compresenza dei simboli del potere politico e religioso: la cattedrale, massima manifestazione del dominio del sacro, e il palazzo civile, destinato a rappresentare la nuova autorità della rappresentanza comunale. Dalla piazza di Perugia, su cui si affacciano la cattedrale dalla facciata incompiuta e il possente palazzo dei Priori, raccordati visivamente dalla Fontana decorata dalle sculture di Nicola e Giovanni Pisano, a quella di Todi che in modo eccezionalmente regolare accoglie i tre palazzi delle magistrature civili (del Popolo, del Capitano e dei Priori) assieme alla scenografica cattedrale e l’annesso palazzo vescovile; fino ad arrivare a quella di Gubbio, tra le più ardite realizzazioni urbanistiche del medioevo, destinata a ospitare il palazzo dei Consoli, posto in posizione emergente rispetto al contesto cittadino e in relazione con la "Platea Communis" che, poco più in alto sul monte, accoglie la cattedrale.
Il sistema delle rocche
Tra gli anni ’50 e ’70 del Trecento, l’acuirsi dei contrasti tra il Papato e i Comuni umbri generò violentissime guerre e causò infine l’arrivo in Umbria del legato pontificio Egidio Albornoz.
Per sua opera vennero erette ad Assisi, Narni, Orvieto, Spello, Todi e in altri centri minori sottoposti alla sua giurisdizione imponenti rocche fortificate, volute a difesa del potere papale contro le riottose cittadinanze. Alla realizzazione di queste strutture, che ancora oggi improntano sensibilmente molti di questi centri, vennero spesso chiamati architetti di prestigio: è il caso di Spoleto, dove fu all’opera il bolognese Matteo Gattaponi, lo stesso che progettò a Perugia la gigantesca cittadella turrita simbolo della sottomissione della città al Papato, ma già rasa al suolo nel 1376 in quella che fu tra le più grandi sommosse popolari contro l’odiato potere di Roma.
La promozione delle arti dei governi signorili
All’affermarsi del potere signorile si legano numerosi episodi di promozione delle arti, in linea con l’esigenza di celebrare la politica, di esprimere i fasti e la raffinata cultura dei nuovi signori. Di una decisa familiarità con il gusto per il gotico internazionale parlano le decorazioni del palazzo della famiglia Trinci a Foligno: i cicli ad affresco raffiguranti storie relative alla fondazione di Roma, le Arti liberali e i Pianeti, i personaggi illustri della storia romana rappresentano l’esaltazione della cultura umanistica di cui si riveste il potere dei nuovi signori.
A Montone, città natale di Braccio Fortebracci, dal 1416 signore di Perugia e padrone di un dominio che per breve tempo arrivò a includere l’Umbria, le Marche e il principato di Capua, il generoso mecenatismo del condottiero si espresse nell’edificazione di una possente rocca, poi distrutta da papa Sisto IV nel 1478, e negli affreschi della chiesa di S. Francesco, recentemente recuperata a museo civico.
Dal rinascimento a oggi: quattro secoli di cultura
L’apparizione delle forme rinascimentali nella regione avviene secondo calendari diversi, sempre in parallelo con le vicende politiche dei numerosi centri regionali. Ancora una volta sono Perugia e Orvieto all’avanguardia nel nuovo modo di rappresentare: a Perugia, le opere di Domenico Veneziano, dell’Angelico, di Piero della Francesca e di Filippo Lippi trovano un corrispettivo nelle architetture e sculture di Agostino Di Duccio; Orvieto chiama a lavorare il Beato Angelico e con lui è Benozzo Gozzoli, poi responsabile della diffusione della nuova maniera a Montefalco. Né va dimenticato l’apporto dato da Filippo Lippi, chiamato a dipingere l’abside della cattedrale spoletina, diffondendo così un linguaggio destinato ad avere profonde conseguenze sulla cultura pittorica dell’Umbria meridionale fino a Cinquecento inoltrato.
È in questo secolo che Perugia emerge nuovamente come centro in grado di coniare un’arte del rappresentare di importanza sovraregionale.
I grandi cicli ad affresco del rinascimento
L’Umbria annovera alcune tra le più alte testimonianze della pittura italiana quattro-cinquecentesca, tanto che sarebbe davvero impossibile esaurirne l’elenco. A Montefalco Benozzo Gozzoli celebra il potere dell’Ordine francescano effigiando sulle pareti della chiesa di San Francesco le Storie del santo (1452). A Spoleto lascia il suo ultimo lavoro Filippo Lippi, chiamato a decorare nel 1467 l’abside della cattedrale con Storie della Vergine. A Orvieto, nella cappella di San Brizio nel duomo, sono all’opera il Beato Angelico (1447-49) e Luca Signorelli (1499-1504), cui spetta la realizzazione di una delle interpretazioni più originali del tema del Giudizio universale. A Perugia è all’opera il Perugino, artefice insieme alla sua nutrita bottega di numerosi lavori, primo fra tutti, allo scadere del secolo, quello del Collegio del Cambio, insuperato manifesto della cultura umanistica e banco di prova del giovane Raffaello.
La fortuna dello stile del Perugino, esemplata al massimo livello negli affreschi del Cambio, si riverbererà su generazioni di seguaci e imitatori, dal Pinturicchio a Giannicola di Paolo, da Giovan Battista Caporali allo Spagna fino al giovane Raffaello.
Nell’orbita del Papato
II Cinquecento è anche il secolo che vede la definitiva affermazione del potere pontificio in Umbria e la definitiva scomparsa di ogni ambizione autonomistica, prima fra tutte quella di Perugia che dopo la guerra del Sale del 1540 è emblematicamente assoggettata al dominio della Chiesa con la costruzione dell’imponente Rocca Paolina.
D’ora in poi la storia anche artistica della regione è parte della più ampia vicenda dello Stato della Chiesa, che arriva ormai a comprendere un territorio che da Roma giunge sino a Ferrara.
Collocata nell’orbita dell’Urbe, l’Umbria ne condivide infatti gli ideali d’arte e di costume e non è un caso che le maggiori imprese in campo artistico vedano al lavoro poche personalità locali e, di converso, molti artisti di provenienza extraregionale. Valgano, a proposito, gli esempi di due tra i più imponenti cantieri della seconda metà del Cinquecento: l’edificazione della maestosa Basilica di Santa Maria degli Angeli e l’allestimento dell’arredo della Cattedrale di Orvieto.
Questa tendenza è ribadita anche nel Seicento: tra le tante testimonianze i palazzi gentilizi che tra Sei e Settecento conquistano prepotentemente gli spazi urbani invadendo per gradi l’equilibrata scena delle più minute architetture medievali.
La scena artistica tra Otto e Novecento
L’ultimo tentativo di dar vita a una cultura artistica di carattere regionale spetta all’Accademia di Belle Arti di Perugia. Centro di diffusione del gusto imperante e, contemporaneamente, luogo di formazione di nuovi artisti, l’istituto fu per tutto l’Ottocento la cartina di tornasole delle contemporanee tendenze artistiche, dal neoclassicismo alla pittura di storia. Ma, di fronte alle incalzanti tendenze del Novecento, il suo ruolo non tenne il passo: da questo momento in poi la storia artistica regionale è affidata a singoli episodi e isolate personalità, dal futurista Gerardo Dottori, a Orneore Metelli – considerato tra i maggiori naif italiani – allo scultore Leoncillo, fino ad arrivare ad Alberto Burri, le cui esperienze di respiro internazionale sono oggi celebrate nei due musei a lui dedicati a Città di Castello.
La città contemporanea
L’Umbria del Novecento si apre alle più avanzate esperienze europee, soprattutto attraverso lo sviluppo del polo industriale di Terni. Chiamata già nel secolo scorso la "Manchester italiana", la città deve infatti la sua immagine alle numerose imprese industriali che vi furono impiantate e che ne condizionarono fortemente lo sviluppo e la storia. Terni divenne il simbolo del dinamismo e, contemporaneamente, della difficile convivenza tra antico e moderno.
Alla necessità di ridisegnare l’assetto urbano, scaturito in parte dalla nomina di Terni a capoluogo di provincia nel 1927, si darà più forte risposta dopo i devastanti bombardamenti della seconda guerra mondiale, grazie all’opera di ricostruzione affidata a Wolfgang Frankl e Mario Ridolfi: sicuramente il più organico episodio di progettazione urbanistica della regione.
In tempi a noi più vicini, altro esempio di connubio tra la sapienza dell’uomo e dell’ambiente è il quartiere direzionale di Fontivegge a Perugia, un progetto di Aldo Rossi dalle suggestioni quasi metafisiche