Prodotti tipici
Dentro la forte componente estetica di quegli scenari è contenuto l’annuncio della grande trasformazione agraria quattro-cinquecentesca che bonificò valli e conche, rendendo fertili e ordinatamente coltivati i contadi nei quali si sedimentavano molti millenni di lavoro contadino.
Pur nelle modificazioni ambientali che hanno accompagnato negli ultimi cinque secoli i processi di modernizzazione agricola, queste terre hanno conservato la capacità di rendere riconoscibili le proprie radici.
Il mosaico dei coltivi, l’argento degli olivi, gli ondulati dossi disciplinati dai filari di vite, sono paesaggi dove i segni delle antiche vocazioni sono stati modellati e aggiornati fino alle odierne specializzazioni colturali.
La continua messa a punto di programmi per la valorizzazione e la salvaguardia del patrimonio ambientale e della qualità delle produzioni agricole regionali si avvale di avanzate tecnologie agroalimentari, volte anche alla protezione biologica delle colture.

I sapori della campagna
Se il cibo è lo specchio di una civiltà, i tanti volti dell’Umbria sono tutti ben rappresentati dalle specialità culinarie di cui è ricca questa regione. Partendo dal capoluogo, il viaggio attraverso le ghiottonerie della cucina umbra procede alla rovescia, ossia dal dolce: Perugia è infatti celebre nel mondo per aver creato il prodotto più "recente" dell’arte culinaria regionale, il Bacio Perugina, inventato nel 1922 utilizzando con genialità lavorazioni tradizionali. La cucina umbra non disdegnainfatti arditi accostamenti tra il cacao e altri ingredienti, per esempio gli spaghetti o il liquore nelle preparazioni casalinghe.

Di ben più antica tradizione, l’uso del prezioso tartufo: bianco nella val Tiberina, a Orvieto, a Gubbio e nell’Eugubino-Gualdese; nero a Norcia e a Spoleto.
Nella stessa Norcia, la lavorazione della carne di maiale è sempre stata un’arte, tanto che proprio famiglie di valenti "norcini" dettero vita alla celebre scuola chirurgica di Preci, rinomata in tutta Europa tra Cinquecento e Settecento.
Il maiale è, nell’Umbria contadina, la carne per eccellenza, accanto alla quale trionfano piccioni, oche, anatre, pecore e agnelli, e la ricca selvaggina tra cui le prelibate palombacce. Saporiti salumi da mangiare con il pane sciapo si assaporano ovunque, mentre alla Valnerina spetta il primato di un prosciutto stagionato ancora preparato a mano.
Nelle montagne del Nursino, puntarelle e salsicce sono cucinate con le lenticchie di Castelluccio, le più pregiate d’Italia, tanto tenere da non dover essere messe a mollo prima della cottura e coltivate senza ricorrere ad alcun antiparassitario.
Prodotti tipici di Colfiorito sono invece le patate rosse, ideali per gli gnocchi, e le ormai rare cicerchie o cecere: un legume "povero" che, sul Trasimeno, veniva un tempo cucinato con le cotiche.
Occorre risalire a molti millenni fa per trovare le origini del farro, preparato in minestra con l’osso di prosciutto in tutta l’Umbria: è di qualità speciale quello di Monteleone di Spoleto, coltivato con metodi rigorosamente biologici e tradizionalmente cucinato non in chicchi ma frantumato con un’apposita macina di pietra.

 

Fantasia in cucina
Nell’Umbria meridionale, la creatività in cucina si declina anche nei tanti modi di preparare la pasta fresca: a Terni, specialità sono gli gnocchi dolci con sugo di noci e cioccolato, un piatto che allietava la vigilia di Natale anche a Spoleto.
Quanto ai rustici "spaghettoni" fatti a mano e diffusi in tutta la regione con una varietà gustosa di condimenti, sarà bene sapere che a Terni sono chiamati ciriole, a Gubbio bigoli, a Lisciano Niccone bringoli, a Perugia e a Orvieto umbricelli, a Todi strozzapreti, a Baschi e a Otricoli manfricoli; quando sono più sottili, come nello Spoletino e nel Ternano, sono allora detti strengozzi o strangozzi perchè simili a stringhe da scarpa.
Accompagnamento tradizionale su ogni mensa umbra, si dice addirittura dal tempo degli Etruschi, è la torta "sul testo", una focaccia preparata con innumerevoli variazioni in tutta la regione ma sempre cucinata su un disco, in passato fatto con ghiaia di fiume cotta nelle fornaci e oggi per lo più di ghisa.

Vino sangue della terra
Così Galileo definì la deliziosa bevanda che è il vanto della produzione agricola umbra, cogliendo il profondo e antico radicamento del vino nella civiltà di una terra: come ben illustra lo straordinario Museo del Vino di Torgiano.

"Chi ha inventato il vino se non è in paradiso, gli è vicino", dice invece la saggezza popolare attraverso un proverbio perugino.
I vini umbri, famosi in tutto il mondo e celebrati dall’antichità, vantano 11 Denominazioni di Origine Controllata: Orvieto, prodotto già dagli Etruschi che lo fermentavano nelle grotte di tufo; Torgiano, il cui Rosso Riserva da invecchiamento si fregia della Denominazione di Origine Controllata e Garantita (DOCG); Montefalco, con il pregiato Sagrantino Secco e Passito, descritto da Plinio il Vecchio e oggi dichiarato DOCG; Colli Altotiberini e Colli Amerini, entrambi di tradizione millenaria; Assisi,con una zona di produzione estesa anche nei territori di Perugia e di Spello; Colli Martani con il pregiato Grechetto piacevolmente fruttato; Colli Perugini prodotti dai vigneti coltivati sulla destra del Tevere; Colli del Trasimeno, Lago di Corbara e Orvietano Rosso.
La qualità di questi vini è l’esito di un sapere colturale millenario che ha saputo adattare l’agricoltura alle diverse situazioni ambientali, ma anche frutto delle importanti innovazioni che hanno investito la viticoltura umbra specializzata nell’ultimo cinquantennio.

Un olio d’autore
Ben il 90% dell’olio umbro è di qualità extra vergine, ottenuto dalla semplice spremitura delle olive coltivate dal tempo degli Etruschi sulle dolci colline assolate: i terreni argillosi-calcarei e le particolari condizioni climatiche consentono la lenta maturazione di frutti dotati tra l’altro di un tasso di acidità molto basso.
Oggi l’olio extra vergine di oliva si può fregiare della Denominazione di Origine Protetta, DOP "Umbria", che prevede cinque sottozone: Assisi-Spoleto, Colli Martani, Colli Amerini, Colli del Trasimeno e Colli Orvietani.

A Trevi, sede dell’Associazione nazionale Città dell’Olio, il Museo nazionale della Civiltà dell’Ulivo racconta, nei suggestivi ambienti medievali del complesso museale di S. Francesco, gli aspetti materiali e simbolici di questa antichissima coltivazione.

Artigianato millenario
A ridosso della Cattedrale di Perugia, da secoli si vendevano merci, probabilmente già in età romana, come farebbero supporre resti archeologici sotterranei. Oggi, nelle vie del centro ciò che si vende rinnova e perpetua una tradizione secolare fortemente evocativa delle radici dell’artigianato umbro. Ceramica, terracotta, tessitura, ricamo, ferro battuto, legno e restauro sono non soltanto categorie merceologiche di un comparto produttivo che non ha mai smesso di contribuire in misura significativa all’economia regionale, ma anche, e soprattutto, declinazioni di altrettante espressioni d’arte che hanno costruito nel tempo, accanto alle opere architettoniche, monumentali e di ornamento, la civiltà artistica e materiale delle genti umbre.
Per comprendere questo straordinario universo manuale si potrà dunque curiosare nei punti vendita di città e paesi, ma anche entrare nei musei tematici allestiti nei maggiori centri produttivi "storici" dell’artigianato umbro.

L’arte della ceramica

La ceramica racconta la vita quotidiana dei popoli, l’evoluzione delle tecniche e i cambiamenti del gusto decorativo, fino a tradurre in arte una produzione nata per rifornire gli uomini di oggetti d’uso comune.
In Umbria, l’arte plurimillenaria di plasmare l’argilla ha avuto una fioritura eccezionale in numerosi centri (Deruta, Perugia, Gubbio, Gualdo Tadino, Orvieto, Città di Castello, Umbertide) e trova continuità

in un artigianato che non cessa di ricercare, documentare e tutelare i suoi caratteri originari per valorizzare la qualità e la specificità locale della produzione contemporanea.
Nel medioevo, Gubbio è centro rinomato per l’eleganza della maiolica decorata nelle botteghe cittadine: nel Cinquecento primeggia quella di mastro Giorgio Andreoli che, con l’invenzione del "riverbero" (la cui formula non è stata ancora perfettamente riscoperta), portò l’arte ceramica eugubina a livelli altissimi.
La copiosa produzione odierna delle fabbriche di Deruta ricerca i fili della memoria di un’arte iniziata con le preziose ceramiche arcaiche medievali e affermatasi nel rinascimento con la tecnica del lustro, che dà agli oggetti effetti iridescenti, dorati e rossastri. Contribuì al successo della produzione derutese anche l’applicazione decorativa del cosiddetto stile "Perugia 1500", ispirato agli affreschi del Perugino. Emblematica è poi la lunga vicenda della ceramica orvietana, che dall’età etrusca al medioevo e al "revival" novecentesco mostra una grande forza di tradizione, quasi un invisibile cordone ombelicale l’agganciasse al ventre delle proprie origini, ossia a quel tufo e a quell’argilla su cui la città si fonda.
Nella produzione contemporanea, la manualità artigiana è capace di ricordare e continuamente aggiornare tecniche e stili antichissimi.

I tessuti della memoria
L’occhio dell’osservatore attento potrà riconoscere, raffigurata in alcuni dipinti duecenteschi conservati nei musei e nelle chiese umbre, la celebre "tovaglia perugina", dal medioevo tessuta a "occhio di pernice" in lino bianco con fasce blu, talora con decorazioni geometriche o motivi figurati.
Questa produzione tuttora vitale, di cui si possono ammirare gli antichi e preziosi prototipi alla Galleria nazionale dell’Umbria di Perugia, è tra le più rinomate di un settore artigianale che vanta una fiorente tradizione anche nel ricamo e nel merletto.

La tessitura manuale, in particolare a Perugia e a Città di Castello, i tovagliati e i merletti di Orvieto, il ricamo ad Assisi (che ha dato nome a un punto rinascimentale a doppia croce), il "pizzo Irlanda" (una lavorazione all’uncinetto introdotta nel 1904 da Elena Guglielmi e divenuta tipica del Trasimeno) ne sono le espressioni migliori.

Le forme del legno e del ferro batturo
La fabbricazione nelle campagne di oggetti d’uso quotidiano e l’arte colta dell’intaglio, che espresse mirabilmente il rinascimento e il barocco umbri negli apparati decorativi lignei di chiese e palazzi, sono i due modi nei quali si è applicata in Umbria questa antica e vitale produzione. Oggi, l’artigianato del legno guarda alla tradizione nelle specializzazioni del restauro e dei mobili in stile, mentre è rivolta al futuro nell’evoluzione verso vivaci forme industriali. Queste differenti modalita di praticare l’antico mestiere di falegname si ritrovano un po’ ovunque e in particolare a Città di Castello, Todi, Assisi e Perugia, mentre a Orvieto si lavora il legno con originale modernità. Anche la lavorazione del ferro battuto è una specializzazione artigianale tipica della civiltà contadina, come ben illustra il Centro di Documentazione delle Tradizioni popolari di Garavelle, presso Città di Castello.
Considerando i maggiori centri di produzione, tra cui Assisi e Città della Pieve, Gubbio eccelle nella fabbricazione di armi che riproducono modelli antichi, Norcia fu rinomata già nel Cinquecento per la produzione di ferri chirurgici, Villamagina è specializzata in lime e raspe, mentre Magione si distingue per la lavorazione a sbalzo del rame.

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